Articolo di Marcello Conti, pubblicato su Fare News
“Sono da sempre socio dell’Unione industriali di Ferrara, che all’epoca fece nascere l’Estense. Ho visto tutte le edizioni del premio”. Siamo stati nella biblioteca ariostea, nella sala che ospita la tomba di Ludovico Ariosto. Nella sala accanto un sezione della biblioteca dedicata al Premio Estense ospita tutti i libri che hanno partecipato dalla nascita a oggi. A parlare è Leopoldo Santini, quasi 86 anni, imprenditore di lungo corso.
“Io ho l’hobby della storia di Ferrara”, ci dice. E chi meglio di lui, sempre presente al premio fin dalla sua nascita, senza mai mancare un’edizione (unica eccezione: l’anno scorso. “Perché la tecnologia non è mia amica”, confessa) può raccontare la storia dell’Estense?
Partendo, ovviamente, dalle origini: “Il premio Estense nasce nel 1965”, inizia a raccontare: “Il presidente di quella che allora si chiamava Unione Industriali di Ferrara era il cavaliere del lavoro Giorgio Piacentini. Aveva una grande industria nota in tutto il mondo: faceva le famose calzature Zenith. Venne invitato al Premio Campiello che era nato solo due anni prima. Vede l’organizzazione del Campiello e ne è colpito. Gli viene così l’idea di fare un premio anche a Ferrara. Però un po’ diverso: non letterario ma legato al giornalismo”.
Ci sono altri due protagonisti, a fianco di Giorgio Piacentini, in questa prima fase: la figlia Edgarda Piacentini e il giornalista Gian Antonio Cibotto. “Il cavaliere Piacentini era stimolato da Edgarda, sua figlia, era una giornalista e una persona con molti interessi sulla cultura e sull’arte. Grazie a lei trova Gian Antonio Cibotto, un giornalista di Rovigo che ha fatto molti libri. Insieme a lui si mettono a creare questo premio giornalistico”.
E il resto è storia. Una storia che Leopoldo Santini ha seguito in prima fila. “Ho fatto parte del comitato d’onore che riceveva gli ospiti. Così ho avuto contatti con tante personalità importanti: come il presidente Pertini, venuto per i vent’anni del premio che per l’occasione si fermò a Ferrara per due giorni. O Giovanni Spadolini, quando era presidente del consiglio; ricordo quando tutte le autorità cittadine lo aspettavano davanti al Teatro Comunale e lui non arrivava: arrivando da Bologna si era fermato a guardare le bancarelle dei libri in piazza Travaglio”. E poi ovviamente i giornalisti: “Di qui sono passati tutti i più grandi, da Indro Montanelli a Enzo Biagi. Vincere il premio era un’ambizione. I giornalisti ci tenevano molto. E dietro di loro c’erano anche le case editrici a spingere, perché vincere l’Estense non solo era un grande merito, ma significa anche vendere tante copie in più”.
Un ricordo particolare va a un altro personaggio per anni centrale per il premio: Gianni Granzotto. “Avevamo un buon rapporto io e Granzotto. Arrivava a Ferrara sempre qualche giorno prima del premio e aveva piacere che gli parlassi in dialetto, perché lui era di origini emiliane. In qui giorni lo portavo in giro per la città, l’ho accompagnavo nei luoghi più belli di Ferrara, gli raccontavo fin i ciottoli in corso Ercole d’Este. E gli dicevo tutto in dialetto”.
Ma la storia dell’Estense è fatta non solo di persone ma anche di riti: “Alla fine della cerimonia nel teatro comunale c’era una cena d’onore del vincitore che si teneva nei posti più belli di Ferrara. Inizialmente si faceva a Fossanova San Marco, nella grande villa di Giorgio Piacentini. Poi quando lui è venuto a mancare ci si è spostati altrove, in vari luoghi di Ferrara. Ad esempio a Palazzo Massari, nelle sale del Museo Boldini: una cosa mai avvenuta prima in Italia. Noi siamo stati i primi a usare gli spazi liberi di un museo per una cena”.
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