Intervista a Mirella Serri, autrice de “Claretta l’Hitleriana” e finalista della 58^ edizione
Una rilettura non convenzionale di uno dei simboli del Novecento femminile, suffragata da documenti inediti e da una ricca messe di notizie ricavate da lettere e diari. Con “Claretta l’hitleriana. Storia della donna che non morì per amore di Mussolini” Mirella Serri ci porta indietro nel tempo su uno dei capitoli più controversi della nostra storia recente. “Non una sciocca, non soltanto una delle mantenute di Stato ma un’abile e astuta calcolatrice”.
Nel titolo, rispetto alla vulgata tradizionale su Clara Petacci, ci sono almeno due provocazioni. Ce le può spiegare?
“Dalla fine della Seconda guerra mondiale Claretta Petacci è stata il simbolo del Novecento femminile coniugato in termini di amore e morte. Il suo martoriato cadavere esposto a Piazzale Loreto ha rappresentato l’emblema di una giovane donna che decise di seguire il suo uomo, correndo assieme a lui tutti i suoi rischi e finendo sotto il mitra dei partigiani. Negli anni Ottanta persino Sandro Pertini, il valoroso comandante partigiano che aveva ordinato l’esecuzione di Benito Mussolini, divenuto presidente della Repubblica italiana, condannò l’uccisione di Claretta sostenendo che era stata una donna coraggiosa e generosa. Molte delle biografie che sono state dedicate alla Petacci sottolineano che fu una vittima sull’altare dell’amore.
Gli storici che hanno scritto fino a oggi di Clara l’hanno trattata con paraocchi maschili e hanno considerato un’attenuante del suo filonazismo e dei suoi intrighi il suo ruolo femminile: da tempo i movimenti delle donne però combattono l’idea che il merito femminile possa consistere nel sacrificio in nome di un uomo, tanto più in nome di un dittatore sanguinario. L’immagine e il ricordo di Claretta vittima sacrificale che arrivano fino a oggi offendono più che mai le donne. Questo mito della Petacci costituisce anche un’attenuante delle gravi colpe del fascismo”.
A quali fonti storiche “nuove” ha avuto accesso nella stesura del suo libro?
“Ho utilizzato documenti inediti e una ricca messe di notizie ricavate anche dalle lettere e dai diari di Claretta per smantellare il mito del “sacrificio” di Clara e ricostruirne la biografia smentendone i luoghi comuni”.
Di biografie su di lei ne sono state scritte un bel numero. Questa, però, è forse una delle poche che ha un punto di vista eccentrico e… femminile.
“I protagonisti non sono “personaggi” ma persone, ritratte nella loro quotidianità. Sono un’appassionata della ricerca del dettaglio, del particolare della vita vissuta. Penso che gli storici e i musei fino a oggi spesso si sono scarsamente dedicati a raccontare come si viveva e quali erano le coordinate mentali in cui ci si muoveva. Così, per esempio, mi sono molto documentata sulle mogli dei gerarchi tedeschi che li accompagnarono durante il viaggio di Hitler in Italia. Entrare nelle vite delle mogli, delle compagne dei gerarchi mi incuriosiva. Per esempio, nonostante il Reich restituisca l’immagine della famiglia perfetta, molti uomini tradivano le consorti – ed era considerato abbastanza lecito – ma anche molte donne lo facevano. E su questo si chiudevano gli occhi. A fianco di ogni gerarca ho aperto una parentesi per ricordare la sua fine (giustiziato dopo il processo di Norimberga, suicida…). Mi interessava mettere a confronto la loro vita “normale” con shopping, pranzi, cene e passeggiate e quella sconosciuta e sotterranea in cui lavoravano a orrendi misfatti”.
Clarice, detta Clara o vezzosamente Claretta, fu una donna cinica, crudele e sfrenata nella sua ambizione. Non proprio una martire né tanto meno una vittima. Eppure, finora è sempre prevalso una sorta di giustificazionismo di genere. Perché?
“Claretta quando incontra Mussolini aveva vent’anni e tra le prime cose chiede al dittatore di intervenire per aiutare il padre in un processo. Clara è sicuramente attratta dal suo amante ma contemporaneamente è assolutamente determinata a ricavare tutti i vantaggi dalla situazione di privilegio in cui si trova. Per lui sopporta tanti tradimenti – ‘ho più corna in testa di un cesto di lumache’, dice – e per sé stessa e la sua famiglia si dedica al malaffare (traffico d’oro, soldi presi dagli ebrei a cui concedeva certificati). Clara certamente non andava condannata a morte ma andava sottoposta a un regolare processo. Ma quali furono le sue responsabilità? I partigiani che la fecero posizionare a fianco del Duce non eseguirono la sentenza capitale solo per gli imbrogli da lei gestiti fin dalla metà degli anni Trenta ma soprattutto perché Clara a Salò fu la ‘portavoce degli interessi di Hitler presso Mussolini’, come fu esplicitato dagli stessi partigiani”.
C’è un’altra donna, prendendo a riferimento quel periodo storico, che si può paragonare a Clara o che abbia avuto una parabola simile?
“Eva Braun che Hitler sposò poco prima di morire ma era molto meno intelligente e meno ambiziosa di Claretta che era una donna di potere. Il rapporto con il Duce fu una strada privilegiata per avere ricchezze e autorità. Non a caso il libro si chiama ‘Claretta l’hitleriana’: a Salò quando il Duce è stanco e provato ed è di fatto prigioniero dei nazisti lei sposa la causa di Hitler”.
intervista di Generoso Verrusio pubblicata su FARE News