Il presidenzialismo è la grande riforma annunciata dal governo Meloni, che potrebbe realizzarsi in questa legislatura dopo decenni d’attese e di dibattiti. Già, perché l’Italia è un paese che ama le rivoluzioni ma affossa le riforme, come hanno imparato a proprie spese molti leader nostrani, da Berlusconi a Renzi. Sennonché il presidenzialismo ha le sue forme, i suoi modelli (sono tre). Noi rischiamo viceversa di crearne una maschera deforme. Perché siamo la patria del “quasismo”, e allora ci inventiamo una riforma quasi presidenziale, quasi parlamentare. Che rafforza il peso del presidente del consiglio indebolendo i contrappesi, dal parlamento al capo dello stato. D’altronde ne abbiamo collezionate tante, di riforme pasticciate. Niente di nuovo sotto il sole. La verità è che un presidenzialismo sgangherato ce l’abbiamo già: è la capocrazia che domina la vita dei partiti, divenuti feudi d’un principe circondato da mille cortigiani; è il potere solitario dei sindaci e dei governatori; è l’abuso decisionista dei decreti legge da parte del governo di turno; è una legge elettorale che ci rende spettatori, confiscando la nostra libertà di decidere gli eletti. Per riportare ordine in questa democrazia malata, bisogna riprendere in mano la Costituzione, denunciarne i tradimenti. E in ultimo interpellare gli italiani, come accadde con i padri costituenti: giganti che guardiamo ormai da troppo lontano.
MICHELE AINIS
É un costituzionalista e uno scrittore. Presso La nave di Teseo ha pubblicato i suoi romanzi, raccolti nella Trilogia degli specchi (2022), e i saggi La Costituzione e la Bellezza (con Vittorio Sgarbi, 2016), Il regno dell’Uroboro (2018), Demofollia (2019), Presidenti d’Italia (2022).