Quest’anno il Premio Estense celebra il sessantesimo anniversario e con l’occasione riviviamo i suoi 60 anni di storia attraverso un ciclo di articoli scritti con la collaborazione di due studenti del master in giornalismo dell’Università di Bologna, Chiara Putignano e Giuseppe Nuzzi. Vi presentiamo il quarto articolo che descrive il legame tra il Premio Estense e gli anni Settanta che – in Italia – alzano il sipario con petrolio, contestazioni e stragi.
Petrolio, contestazioni, stragi. Così si alza il sipario degli anni Settanta in Italia. Sulla scia del fermento che ha caratterizzato il decennio precedente, le cose continuano a cambiare. Tra le fratture epocali che segnano il mondo del giornalismo italiano, c’è la nascita del quotidiano comunista Il Manifesto. Il 28 aprile 1971 in prima pagina c’è l’editoriale a firma di Luigi Pintor: «Se dunque questo giornale dovesse soltanto servire a una protesta, a una battaglia ideale contro l’ordine di cose esistente, già questa non sarebbe una fatica sprecata». A cambiare è anche la società e con lei anche la comunicazione. In questi anni arrivano le prime radio “libere” e poi anche la televisione a colori. Eppure c’è qualcosa che non cambia mai: la voglia di raccontare quel che nel frattempo muta e il Premio Estense ne è la prova.
Primo vincitore di questo decennio è il modenese Vittorio Gorresio con la sua Roma. Ieri e oggi (1870-1970). A seguire, mentre la Russia sta inviando sonde su Marte e in Italia viene eletto il sesto presidente della Repubblica, Giovanni Leone, nel 1971 a Ferrara viene premiato un altro romanzo Le rose di Cannes di Carlo Laurenzi. A differenza dei primi due vincitori della decade, il terzo è uno che di sé diceva: «Il difetto principale dello scrittore italiano è quello di voler scrivere bene. Io cerco di scrivere male ‘apposta’, nel tentativo di farmi capire». Così in un’intervista Ennio Flaiano incalzato da Gianni Rosati. Eppure Flaiano convince la giuria a occhi chiusi con il suo Le ombre bianche, conquistando il Premio Estense nel 1972. L’anno dopo la società affronta nuovi stravolgimenti: scoppia la guerra del Kippur e il prezzo del petrolio sale alle stelle. La crisi economica si trasforma in sociale: i negozi chiudono prima, via le insegne luminose e la domenica l’automobile si lascia a casa. Nel frattempo, dall’altro capo del mondo gli Stati Uniti iniziano a ritirare le truppe nel Vietnam del Sud. E proprio oltreoceano guarda l’opera vincitrice del Premio del 1973: La svolta dell’America di Gianfranco Piazzesi.
I cambiamenti, che non riguardano solo lo Stivale ma tutta Europa, vengono raccolti da Guido Piovene che, nel 1974, conquista l’Aquila Estense con il suo L’Europa semilibera. Nel 1975 il riconoscimento invece va a Enzo Biagi con il suo reportage Russia, che esplora l’Unione Sovietica durante il comunismo. Mentre l’anno dopo a conquistare la giuria è un saggio che riporta il focus sul Belpaese e si chiama Italia dove? di Giuseppe Longo.
Sempre con lo sguardo puntato in casa, L’ultimo sud fa vincere il Premio al giornalista e storico Antonio Spinosa. Nel 1978 l’attenzione torna sul vecchio continente e l’Aquila della quattordicesima edizione va Gian Carlo Vigorelli e il suo Diario Europeo. L’albo d’oro degli anni Settanta termina con la vittoria di Gaspare Barbiellini Amidei, saggista ma anche editorialista del Corriere della Sera e direttore de Il Tempo durante gli anni Ottanta. La decade si chiude infatti con il trionfo del suo saggio Carovana di carta.