Quest’anno il Premio Estense celebra il sessantesimo anniversario e con l’occasione riviviamo i suoi 60 anni di storia attraverso un ciclo di articoli scritti con la collaborazione di due studenti del master in giornalismo dell’Università di Bologna, Chiara Putignano e Giuseppe Nuzzi. Vi presentiamo il nono articolo che descrive il legame tra il Premio Estense e la seconda parte degli anni Duemiladieci, anni in cui i libri finalisti hanno affrontato in modo particolare il delicato tema della mafia e le sue ramificazioni in diverse parti dell’Italia.
Di autorità religiose, avvocati, rivoluzionari e attivisti che hanno cambiato il corso della storia recente si parla in A cena dal Papa. Il libro vincitore dell’edizione 2015 del Premio Estense. Scritto dal corrispondente, curatore di programmi tv, ma anche senatore e europarlmentare Jas Gawronski. Un testo che unisce le interviste più famose che hanno costellato la carriera del giornalista per metà italiano e per metà polacco. E poi, dopo sei anni, nel 2016 vince nuovamente una donna. Si tratta di Sabrina Pignedoli, giornalista, politica italiana e studiosa di mafia. Ed è proprio di questo che scrive in Operazione Aemilia, raccontando di come la ‘ndrangheta di Cutro abbia, nel tempo, conquistato tanto potere da introdursi e dominare anche Emilia-Romagna, alcune zone del Veneto e della Lombardia. Estorsioni, usura, incendi, ma anche politica. Pignedoli restituisce un racconto di come la mafia sia riuscita a entrare nelle amministrazioni pubbliche e abbia tentato di condizionare l’opinione pubblica attraverso i media. Sempre in tema mafia è l’opera vincitrice dell’anno successivo: L’assedio di Giovanni Bianconi. Le pagine di questo testo riportano a uno dei periodi più bui della Repubblica italiana, illuminato però da persone come Giovanni Falcone. Ecco che il libro, uscito venticinque anni dopo l’attentato di Capaci, ripercorre – attraverso documenti e ricordi – l’ultimo periodo di vita del magistrato che ha lottato contro Cosa Nostra. Cambia zona d’Italia ma non cambia il tema dell’opera vincitrice del Premio nel 2018. Ad aggiudicarsi l’Aquila d’Oro infatti è Federica Angeli con A mano disarmata. Cronaca di millesettecento giorni sotto scorta. Questa volta siamo a Ostia, dove vive la giornalista e autrice del racconto. Da anni si occupa dei clan locali e denuncia quanto accade tra quei palazzi. E pagina dopo pagina racconta la sua vita sotto scorta.
Con l’ultimo libro vincitore degli anni Duemiladieci bisogna spostarsi invece in Libia, insieme alla giornalista Francesca Mannocchi e il suo Io Khaled vendo uomini e sono innocente. Un racconto delle migrazioni visto dagli occhi di un «carnefice». Khaled ha 30 anni e ha partecipato alla rivoluzione per deporre Gheddafi, ma la rivoluzione lo ha reso una parte della catena che si occupa del traffico delle persone. Fa i soldi, eppure «non si sente un criminale. Perché abita in un Paese dove sembra non esserci alternativa al malaffare».