Le origini del Premio Estense: intervista a Giorgio Piacentini

Articolo di Marcello Conti, pubblicato su Fare News

Non lo ha mai conosciuto personalmente “lo zio Giorgio” (così lo chiamavano in famiglia), eppure, oltre ad averne ereditato il nome, in qualche modo lo ha accompagnato per anni, sorridendogli dall’angolo di una scrivania. È Giorgio Piacentini, presidente della Casa di Cura e del Poliambulatorio Quisisana di Ferrara. L’altro Giorgio Piacentini, il fondatore del Premio Estense, era fratello di suo nonno Fausto Piacentini. Lo abbiamo incontrato una mattina di inizio giugno, nel cortile della sede ferrarese di Confindustria Emilia, in via Montebello, per farci raccontare le origini del Premio.

“Non ho potuto incontrare né mio Nonno Fausto, né Giorgio Piacentini”, inizia Giorgio Piacentini. “Ma in qualche modo li ho conosciuti entrambi. Perché studiando, sulla mia scrivania, avevo davanti a me due foto molto belle dei fratelli Fausto e Giorgio. Fotografie d’altri tempi, con dei bei sorrisi, sinceri. Queste foto mi hanno accompagnato per tutti i mie studi, dalla mattina alla sera. E mi sembrava che alla mattina mi salutassero e che quando le riguardavo alla sera fossero un po’ cambiate. Erano foto molto interessanti. Chiesi dunque a mio padre la storia di queste due persone, in particolare di Giorgio, in onore del quale mi era stato dato lo stesso nome”.

Definisce il premio Estense ‘un’idea d’amore per Ferrara’. La famiglia Piacentini proveniva dalla provincia ferrarese, erano proprietari terrieri di Ostellato. Nel 1925 (poiché, chiosa il dottor Piacentini “come si suol dire, un grande uomo deve essere accompagnato da una grande donna”) Giorgio sposa Jolanda Buzzoni figlia di Edgardo Buzzoni, fondatore del calzaturificio Zenith. Piacentini diventa così erede, dal punto di vista manageriale, di un’azienda che produceva scarpe da uomo dal prestigio di livello mondiale (“Regalare un paio di Zenith era come regalare un gioiello”).

Nel corso degli anni Giorgio e Jolanda hanno quattro figlie: Maria Zita, Carlotta, Fiorella ed Edgarda. Negli anni ’60 Edgarda vive a Roma, dove conosce Gian Antonio Cibotto. Verso la fine del ’64 a Fossanova San Marco (dove c’era e c’è ancora la villa Piacentini-Buzzoni) Giorgio Piacentini, che all’epoca era presidente dell’Unione industriali di Ferrara, incomincia a ragionare su un premio da fondare. “Il premio doveva essere ferrarese, perché Ferrara è una città che ha avuto una storia rinascimentale importantissima. Ecco dunque che Giorgio Piacentini, un po’ ispirato dal Campiello, inizia a parlarne alla figlia Edgarda che era una giornalista”.

Edgarda coinvolge Cibotto, il quale le presenta Gianni Granzotto che sarebbe diventato per vent’anni il presidente della Giuria dell’Estense. “Piacentini voleva dare a Ferrara un premio diverso da quelli che già esistevano come Strega, Campiello o Viareggio», continua a raccontare Piacentini. “Voleva legare il premio al giornalismo, perché i giornalisti raccontano tutti i giorni la cronaca, raccontano la vita della città, della provincia della nazione. Voleva, con questo premio, che l’attività degli imprenditori, che lavorano tutti i giorni per far sì che il patrimonio dell’azienda possa essere patrimonio tutti, si legasse a quell’altro tipo di patrimonio che è il giornalismo”.

Cibotto e Granzotto sono affascinati dall’idea di Piacentini. Arrivano a Ferrara e nella villa di Fossanova San Marco iniziano a progettare il premio, che sarà poi organizzato in pochissimo tempo: viene fatto immediatamente il bando e il 25 giugno 1965 al Teatro Nuovo di Ferrara va in scena la prima edizione del Premio Estense. A vincerla sono, ex-equo, Carlo Bo e Alberto Cavallari.

Un’altra peculiarità del Premio, fin da quei primi anni, è quella di coinvolgere la città. “Fu un’idea di Cibotto: costituire una giuria popolare. Nel senso che il premio aveva un comitato d’onore, ma anche una giuria popolare, in modo che anche la popolazione di Ferrara potesse partecipare a tutto tondo alla designazione del vincitore. Ma non erano tempi semplici: forse all’inizio il Premio fu visto come un’iniziativa personale. La fatica degli organizzatori, nei primi anni, fu soprattutto rivolta al coinvolgimento di tutta la città”.

Gli sforzi danno buoni risultati, si assiste così a un crescente interesse da parte della popolazione di Ferrara. Nel 1978 la premiazioni si sposta al Teatro Comunale dove ancora oggi si svolge. “Da quel momento in avanti la città, anche dal punto di vista politico, riconosce questo Premio come in tutto e per tutto il premio della città di Ferrara”. Nel frattempo, però, Giorgio Piacentini è venuto a mancare. Se lo porta via una leucemia nel 1969. Aveva solo 67 anni. Lascia un profondo vuoto, ma la famiglia Buzzoni, soprattutto nella persona di Andrea Buzzoni, il fratello di Jolanda, portano avanti l’impegno di Piacentini.

“Noi dobbiamo ricordare questi momenti”, è la riflessione che fa oggi Giorgio Piacentini. “Persone come Giorgio Piacentini e in generale la famiglia Piacentini-Buzzoni devono essere ricordate per aver fondato un qualcosa di molto importante che prosegue tutt’ora. Ancora oggi noi abbiamo i migliori giornalisti che partecipano a questo premio. Premio che qualche anno fa ha rischiato di diventare biennale per la mancanza di fondi. Io, lo dico molto modestamente, facendo parte da molti anni di Confindustria, ho ribadito che farlo diventare biennale avrebbe significato decretarne la fine. Mi sono permesso di fare questo e ho trovato i dirigenti di Confindustria sensibili alla questione. Ma soprattutto ho trovato gli imprenditori ferraresi che con le loro sponsorizzazioni concrete fanno sì che il premio possa continuare ad esistere”.

Che bilancio trarne, dunque, da questa storia che, nonostante i momenti di crisi, va avanti da più di mezzo secolo? “In questi anni il Premio ha raggiunto vette di successo importanti che forse lo zio Giorgio non si aspettava nemmeno. Forse il mio più bel ricordo è quel sorriso di Giorgio Piacentini e di suo fratello Fausto che mi hanno accompagnato durante la mia giovinezza. E anche non conoscendoli penso che questa sera, quando tornerò a casa, sarà mio dovere tornare davanti a quelle foto e ringraziarli”.

Guarda la videointervista di Marco Santangelo

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