Intervista a Maurizio Molinari, autore de “Il campo di battaglia. Perchè il Grande Gioco passa per l’Italia” e finalista della 58^ edizione
L’Italia, per ragioni storiche e geopolitiche, riveste all’interno della comunità internazionale una grande importanza strategica. E oggi più che mai è un ‘campo di battaglia’ e di sfida per tutto l’Occidente. Il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, con “Il campo di battaglia. Perché il Grande Gioco passa per l’Italia” ce ne spiega le ragioni profonde.
L’Italia, è la tesi del libro, è la cartina di tornasole della capacità delle democrazie occidentali di adattarsi alle trasformazioni del XXI secolo. Che cosa aggiunge lo scoppio della guerra in Ucraina?
“Aggiunge la sfida di un conflitto di tipo ottocentesco che vede la Russia perseguire con le armi la ricostruzione di una propria sfera di influenza attorno ai suoi confini al fine non solo di impossessarsi dell’Ucraina ma di ridefinire l’architettura di sicurezza europea imponendosi anche come protagonista nei mari del Sud. Ovvero, catturare Odessa per impossessarsi delle rotte che portano a Suez e Gibilterra. E più in generale del Mediterraneo. Ciò spiega il legame con i passati interventi militari russi in Georgia, Siria, Libia e Mali così come l’interesse a incalzare Nato e Ue lungo il loro fianco sud, ovvero ancora il Mediterraneo. Al centro del quale c’è il nostro Paese che acquista un valore strategico di primissimo piano perché chi controlla lo Stivale domina gran parte dello scacchiere del “Mediterraneo allargato”. È il prepotente ritorno della Storia che riposiziona l’Italia nel bel mezzo del palcoscenico geostrategico globale”.
Pandemia, guerra, carovita e un nuovo potenziale terrorismo di matrice jihadista: la coperta del benessere e della sicurezza in Europa è destinata a diventare sempre più corta?
“L’Unione europea è sempre cresciuta attraverso le crisi e questa stagione non fa eccezione. Se il Covid ha portato l’Ue a considerare per la prima volta la Salute come un tema di azione comune fra i partner, ora l’Ucraina esalta l’importanza della Difesa europea appena sancita con il debutto dello “Strategic Compass” e spinge i partner Ue ad un’altra novità senza precedenti: coordinare le proprie politiche energetiche. Se a questo aggiungiamo i progressi compiuti negli ultimi anni nella cooperazione contro il terrorismo jihadista e la necessità di adattare il Patto di Stabilità alla sfida dell’inflazione è facile arrivare alla conclusione che la moltiplicazione delle crisi sta obbligando l’Unione ad accelerare la propria integrazione su un doppio binario che il premier uscente Draghi ha ben riassunto con l’espressione “federalismo e pragmatismo”.
Smart working e green jobs, in che modo l’Italia può dire la sua?
“Con l’agenda che ha distinto il governo Draghi: varare o pianificare le riforme che più servono al nostro Paese per conquistare e mantenere la crescita dopo il pesante prezzo pagato dall’economista nazionale al Covid. Lo Smart working è un’opzione che nasce dall’accelerazione digitale che il Covid ha prodotto così come i Green jobs sono uno degli obiettivi dell’Agenda Verde della Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen. In entrambi i casi l’Italia sta dimostrando flessibilità e creatività per raccogliere queste sfide ma è evidente che le prove più difficili sono quelle che stanno per arrivare: perché la transizione ecologica impone una revisione profonda del nostro modello industriale così come lo Smart working porterà ad un ripensamento radicale delle relazioni sui posti di lavoro”.
Che campo di battaglia può essere, invece, il nostro Paese sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici?
“L’Italia è in grado di essere protagonista dell’Agenda Verde della Commissione Europea perché il suo territorio fisico ne fa una piattaforma naturale per lo sviluppo di energie alternative – eolico, solare, idrico, sottomarino – e perché c’è un grande sostegno pubblico a premiare tali politiche. Ciò che manca è invece un piano governativo per lo sviluppo di una nuova generazione di infrastrutture capaci di proteggere la popolazione, che in gran parte si trova a vivere lungo le coste e dunque è più esposta ai rischi che ciò comporta. Serve anche un potenziamento dell’istruzione nelle scuole sui cambiamenti climatici affinché ognuno sappia che cosa implicano per noi tutti”.
L’autunno che ci attende non sarà dei più semplici.
“È un autunno dove l’impatto della crisi energetica e il rischio del ritorno del Covid si sommeranno con le incertezze della guerra in Ucraina, con il risultato di aumentare l’effetto delle diseguaglianze economiche su una popolazione già afflitta da inflazione e calo del pil. È uno scenario da far tremare i polsi dove gravi crisi internazionali e incertezze interne potrebbero innescare fenomeni di protesta sociale molto seri. Per di più sullo sfondo di una situazione politica interna assai precaria, a causa di elezioni politiche che potrebbero avere un esito capace di rimettere in discussione il legame dell’Italia con l’Unione Europea”.
intervista di Generoso Verrusio pubblicata su FARE News