Fu suicidio o omicidio la morte di David Rossi il 6 marzo 2013 volato giù da una finestra di Rocca Salimbeni a Siena? «Io non penso nulla.» L’avvocato Giuseppe Mussari, ex presidente di Banca Mps, è perentorio davanti ai componenti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte dell’ex manager senese. Quasi agnostico quando gli chiedono che idea si è fatto sul decesso di Rossi, che l’ex banchiere aveva voluto accanto a sé come capo della comunicazione prima alla Fondazione Mps e successivamente in banca perché «era il più bravo di tutti». Poi, sì erano amici. E che amici. Commuovendosi, dice: «Per capire cosa è successo bisogna tornare a quei giorni, a quel clima d’odio che si respirava a Siena». Un’atmosfera di sospetti e recriminazioni, di accuse e di delazioni, di monetine che, come per Craxi vent’anni prima fuori dall’Hotel Raphael, non mancarono nel febbraio del 2013 quando l’avvocato Mussari arrivò a Palazzo di Giustizia per essere interrogato.
A raccontare la storia di quegli anni, di quel clima, è ora attraverso gli appunti, i ricordi di riunioni e incontri vissuti in prima persona, ma anche con documenti inediti, l’ex capo della redazione senese del quotidiano «La Nazione» che di David Rossi era amico e con il quale, d’estate e d’inverno, all’alba correva lungo le strade di Siena.
Tommaso Strambi
giornalista dal 1994. Ha iniziato giovanissimo a raccontare cosa gli succedeva intorno in una radio fin dai tempi del liceo. Laureato in Giurisprudenza all’Università di Pisa, dopo il master in Comunicazione Media alla facoltà «Cesare Alfieri» dell’Università di Firenze è entrato con uno stage alla Poligrafici Editoriale. È stato vice capocronista della redazione di Firenze de «La Nazione», ha guidato quella di Siena e di Pisa. E, negli ultimi cinque anni, ha guidato la redazione Interni-Esteri di «QN-Quotidiano Nazionale». È autore de I compagni del Monte (2013), Vite deragliate (2017) e Pisa non si piega (2017). Suoi racconti sono pubblicati nell’antologia Gabbie (2016).