È addestrato a stare dietro le quinte, a non mostrarsi o fare inchini da damerino, a essere scettico e ingrato, a non credere a nulla ma a prendere per buono tutto, purché valga la pena e ci sia uno straccio di prova. L’inviato – diceva un direttore vecchio del mestiere – è quel genere di canaglia che comunque, in un modo o nell’altro, torna sempre a casa con un osso in bocca. Queste pagine sono il resoconto di un modo di fare giornalismo diverso da quello di oggi. Quel giornalismo fatto con semplicità zen – andare, guardare, raccontare – che resta ancora il più giusto, il più profondo, il più moderno, il più ricco di sorprese, il più credibile e affidabile. Li chiamavano inviati, e nessuno saprebbe dire se esistono ancora o se si sono estinti. Secondo alcuni ci saranno sempre, perché inesauribile è la voglia di sapere, di vedere, di verificare.
GIOVANNI MORANDI
Giovanni Morandi, fiorentino, è editorialista del «Quotidiano Nazionale», dopo aver diretto «Il Giorno», «Il Resto del Carlino» e «QN». Corrispondente da Mosca negli ultimi anni dell’URSS, ha assistito, unico giornalista straniero, allo storico ammainabandiera avvenuto il 25 dicembre 1991 al Cremlino. Inviato speciale, ha firmato reportage di guerra da Medio Oriente, Africa, Libano e Balcani. Dal 1993 al 1997 ha seguito a Milano la stagione di Tangentopoli e il debutto in politica di Silvio Berlusconi. Ha raccontato l’Italia con le sue inchieste, come quando è entrato armato di pistola in Vaticano per dimostrare il pericolo terrorismo. È autore dei libri Alpini dalle Alpi all’Afghanistan, La beffa di Modigliani e Italia contromano. Nel 2003 ha vinto il Premio Giornalista dell’Anno dell’Ana.